giovedì 2 settembre 2010

Il pragmatico Bazaar


Ho sempre pensato che le librerie fossero il dolce riposo per la polvere, e che i libri avessero un'unica chance per lettore. Di quei volumi, in ciascuno di noi, vivono le emozioni, le immagini oniriche e gli afflati cerebrali; tutte le loro parole ci hanno modellato nella nostra attuale forma di saggezza: noi siamo la crosta di una millenaria cultura.
La mia libreria è un succo di frutta al Ginseng, Camomilla, Caffè, Ortica e Rhum. Voi vi chiederete "ma dov'è la frutta?". Già, dov'è? Amo leggere, ma la mia libreria è fatta da collane di libri da 1000 Lire e qualche libro non riconsegnato al proprietario.
Per fortuna la mia vera e vasta libreria è archiviata dentro di me. Grandi saggi siedono accanto a riviste porno. La fantascienza è seduta sul volume “Meccanica del motore a scoppio”.
Ma per sfortuna la mia memoria non è per nulla capiente, e di tutte quelle centinaia di titoli conservo quasi esclusivamente il sapore e i sogni fatti.



Su un blog che sta acquistando sempre più sanguinolenta carne per la piacevole dialettica del suo autore, recentemente ho letto un'espressione che ho volutamente estrapolato dal suo contesto1:
Sono pochi quelli che dimostrano di avere una "bella testa" per ragionare.
Molto pochi.
La maggior parte [...] mi danno l'impressione di essere nulla più che una mandria di bisonti lanciati in una corsa folle, avvolti dalla densa polvere che sollevano i tanti zoccoli al galoppo, ciecamente seguendo il capobranco.

Indifferentemente dal destinatario (che ho tagliato) di tale messaggio, quegli zoccoli al galoppo lanciati ciecamente in una direzione è stata un'immagine che mi ha fatto vacillare l'aurea pragmatica di cui mi vesto. La mia “bella testa” potrebbe essere inconsapevolmente vittima del sintomo de “la prima volta”.
Alcuni libri non andrebbero mai letti una sola volta e poi riposti su una mensola canuta perché, magari, il vago ricordo e il sapore contestualizzato in un momento specifico della nostra vita potrebbero continuare in sordina ad animare in noi sogni, illusioni o inganni.
Credo che sia arrivato il momento per me di togliere un po' di polvere da alcuni volumi.


La prima volta

La prima volta de “La cattedrale e il bazaar” di Eric S. Raymond.
Avevo molti anni in meno e correvo a piedi scalzi sulla striscia continua di quel filone di letteratura degli Hackers consumata con la tesserina della biblioteca.
Seduto davanti al mio 486 DX aspettavo2 che il cubitale monitor mi mandasse qualche misterioso segno profetico.
E il tempo cancellò quelle parole ma depositò in me la speranza di trovare un giorno un bazaar di persone disposte a fare il lavoro sporco al mio posto.
Eh sì, troverò un enorme gruppo di volontari che un giorno mi chiederà: «Uee More+, che stai facendo? Spostati e vatti a sdraiare sul divano, con la nostra massa critica di braccia e neuroni ti sistemeremo in un batter d'occhio i sorgenti di questo polpettone di codice»
E quel giorno, mentre starò sdraiato sul divano, potrò finalmente pensare a come rendere Open Source i lavori in giardino (qualcuno di voi vuol partecipare al gruppo “il taglio della siepe”?).

Ebbene, caro Raymond, quel giorno non è ancora arrivato, sono ancora tra i marmi lapidari di una cattedrale.


La seconda volta è meno romantica

Realtà opinabile, ma è indiscutibile che la seconda volta sappiamo cosa toccare e come farlo.
Confesso che con l'età ho la tendenza a inacidirmi quando so a priori che la valenza pubblica del libro che voglio leggere è sopra la media.
Ebbene “La cattedrale e il bazaar” di Eric S. Raymond è un saggio usualmente considerato il manifesto del movimento open source.

In questa nuova ottica, alcuni dettagli, incongruenze e la superficialità con cui sono stati trattati certi aspetti mostrano un'analisi romantica o forse, semplicemente, un'abile arte “oratoria”3.

Purtroppo il mio spessore che dovrebbe far da ponteggio a una critica è assai esile, pertanto ho cercato in Rete qualcuno che avesse un Titolo e delle argomentazioni che calzassero abbastanza per descrivervi, senza oscenità, la mia “seconda volta”.

Ahimè, avete un'altra corposa lettura da fare:
"Una seconda occhiata a The Cathedral and the Bazaar"


Per i più pigri, traviso traduco la conclusione di Bezroukov: The Cathedral & the Bazaar è un bellissimo romanzo ;-)


Vi lascio con la mia nuova pragmatica consapevolezza: il Bazaar è una Cattedrale con il giardino.


Maggiori informazioni e una morale

Il saggio di Raymond: La cattedrale e il bazaar

La critica di Nikolai Bezroukov: "Una seconda occhiata a The Cathedral and the Bazaar"

La risposta di E.Raymond all'articolo di Bezroukov: http://www.pluto.it/files/journal/pj0504/esr.html


...e la ruota delle critiche continua a girare.

Indifferentemente dalla vostra opinione, l'importante è non sposare un'idea "zoccolando nella polvere con gli occhi bendati".


Note:
1 Non del tutto

2 L'errore è sicuramente stato il "aspettare" 
3 Più che una lettura sembra di stare ad ascoltare l'autore

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