mercoledì 19 maggio 2010

Il didietro delle donne Geek


Un cruccio di molti Programmatori è "perché la mia donna non mi capisce?". Con questo cruccio, i più hanno commesso l'errore di spingere la propria compagna nel mirabolante mondo dell'Informatica.


Ebbene, in codeste donne abbiamo avuto modo di riscontrare delle reazioni raggruppabili in tre principali comportamenti identificativi:
  • compra un iPod rosa da appendere come ciondolo al nuovo collier che ha acquistato con la vostra carta di credito;
  • installa una versione di Linux senza interfaccia grafica sul vecchio computer che avete buttato in cantina e manda a segno un cyber-attacco ai server della vostra banca per controllare i vostri movimenti;
  • finge di provare piacere, ma, appena può, vi dice che ha l'emicrania.
Ovviamente, il motivo per cui la donna non ci capisce non può essere evaso introducendo la nostra lei all'interno di meccanismi mentali formattati su delle logiche elementari, come gli uno e gli zero del codice binario, che fanno da istituzione nella nostra logica lineare di Programmatore, ma, d'altra parte, a noi risulta difficile riuscire a fare una riflessione più evoluta e non codificabile con elementi basilari.

Trascurando i pensieri e i luoghi comuni creati e fomentati dai Programmatori che hanno commesso l'errore di spingere la propria compagna nel mirabolante mondo dell'Informatica, ci sono delle reali domande che un attento osservatore potrebbe farsi.
Le donne Geek, quelle affascinate dalla tecnologia informatica, sono una piccola minoranza: perché? Forse perché non riescono a fidelizzare degli interessi oppure perché sono ostacolate dal mondo maschile che ostenta un diritto o dominio in questo settore, o cosa?
Il mio ruolo e i miei cromosomi mi impediscono di essere il giusto oratore per dare delle risposte. Pertanto ho invitato una persona con uno spessore culturale (laureanda in sociologia) e una posizione (è un riferimento per alcune comunità digitali, è un'attiva collaboratrice in team di Informatici, e tante altre cose...) idonea per riuscire, forse, a farci capire questa realtà. Inoltre, dimenticavo di dirvi che è una DONNA.





Intervista al didietro*

*vi ricordo che, come didietro a un software c'è un Programmatore, didietro a una donna Geek c'è...  aspettiamo di scoprirlo a fine intervista.



Scambio di saluti nel salottino di More+

D: Benvenuta MadameZou, come avrai notato ho fatto la polvere, ho passato lo straccio sui pavimenti e ho messo i centrini sul tavolino. Sei il primo essere femminile a entrare nel mio salottino, ad eccezione della zanzara che ho visto ieri nello studio. Ti confesso di sentirmi emozionato e un po' a disagio, oltre al fatto che, essendo stato relegato dietro a un monitor per anni, non conosco usi e costumi della nostra società, ti prego pertanto di aiutarmi: dovrei accompagnare il saluto con il baciamano, l'inchino, il “batti il cinque” o la “manomorta”?

R: Ciao More+, e grazie di avermi invitato in questo salottino: devo ammettere di essere un po' sulle spine perché non ho ancora capito se quest'intervista sia soltanto una bieca mossa per farmi delle avances o se tu sia realmente interessato alla questione del rapporto tra donne e computer, quindi direi che per il momento un saluto verbale possa bastare.



D: Innanzitutto ci tengo a precisare che io credo alla parità dei sessi e che aborro ogni forma di discriminazione, oltre al fatto che giudico ignobili gli uomini che alimentano i luoghi comuni sulle donne e sputano inopportune battute sessiste.
Adesso che ho chiarito la mia posizione posso procedere. Ti confesso che mi fa molto piacere scoprire che tu sappia anche parlare, temevo di doverti sentire starnazzare per tutta l'intervista.
Ma arriviamo alla prima domanda: Sai perché ti ho chiesto di rilasciarmi un'intervista? Non tanto perché sei una persona molto attiva nel mondo dell'informatica, ma, principalmente, perché ho letto in Internet questa tua affermazione:
[…] l'uomo moderno, così circondato da tecnologia, non sia il reale possessore di questa tecnologia ma solo dell'oggetto che rappresenta il vettore - il mero portatore- della tecnologia: dell'oggetto cioè che funziona per il tramite di tale tecnologia.
La tecnologia la si possiede realmente solo nel momento in cui si è in grado di spiegarne, almeno a grandi linee, il funzionamento.
Sono frutto della tua saggezza oppure di un “cut and paste” di una citazione di qualcun altro frutto di un copia e incolla delle parole di un altro ancora che a sua volta le ha copiate e riportate da un altro, fino ad arrivare, come sempre, a essere uno dei tanti pensieri di Socrate tramandatoci attraverso i Baci Perugina?

R: A dire il vero sono la mia rielaborazione di quello che ritengo essere il messaggio di un film che molto ha influito sulla formazione del mio spirito hacker: non sto parlando di pellicole cyberpunk o presunte tali, bensì di “Non ci resta che piangere” di Benigni e Troisi.
Ora immagino di aver distrutto completamente la mia credibilità, ma ai pochi che stanno continuando a leggere – e magari hanno anche visto il film – vorrei ricordare la scena geniale in cui Benigni e Troisi, che sono uomini dei nostri tempi trovatisi catapultati nel 1492, incontrano Leonardo da Vinci e decidono di fingersi a loro volta dei geni e spiegargli alcune invenzioni della modernità.
Solo che – ed è questo il paradosso su cui si gioca tutta la scena, e che mi ha colpita in effetti come analisi piuttosto corretta della nostra società – i nostri eroi non sono davvero in grado di spiegare come funzionano le “meraviglie” della modernità, nemmeno le più semplici come lo sciacquone.
Ecco: sappiamo che se pigi un pulsante scende l'acqua, ma non sapremmo costruire uno sciacquone, né spiegare a Leonardo da Vinci come costruirne uno.
Guardiamo la televisione tutti i giorni, ma chi di noi realmente sa cosa diavolo sono quei colori che appaiono sullo schermo e come è possibile che rappresentino esattamente la forma e i movimenti di qualcuno che parla e si muove a distanza?
Non ci stupiamo di fronte a queste cose semplicemente perché le consideriamo normali fin dall'infanzia, ma questo non significa che sappiamo che cosa realmente sono e come realmente funzionano.
È evidente che non possiamo, data la specializzazione delle branche della scienza e della tecnica, approfondire in maniera significativa il funzionamento di tutto ciò che ci circonda, ma possiamo pur sempre essere dei possessori di tecnologia più consapevoli. Sapere come funzionano, almeno in linea di massima, le cose.
D'altronde, nessuno si lamenta del fatto che a scuola guida venga insegnato – a grandi linee – che cosa racchiude il cofano e come funzioni un'automobile.
Perché non dovremmo saperlo anche nel caso dei computer? O dei televisori?
Dopotutto è una questione di scelte: non voglio essere circondata da feticci animati (tecnologia) che non comprendo e che possono ribellarsi ad ogni piè sospinto senza che io possa anche solo capire perché lo fanno (malfunzionamenti).

Quindi, dopotutto, quella frase non si può attribuire forse a Socrate ma si può decisamente attribuire, in maniera indiretta, agli autori di “Non ci resta che piangere”.



D: Adesso che abbiamo misurato la caratura della tua saggezza, vediamo di entrare nel tema scottante dell'intervista con la prima vera domanda: quando in un team di sviluppatori, tutti maschi, s'introduce una donna, a ognuno di loro gli si illumina una slide cerebrale con queste quattro riflessioni:
  1. adesso si metterà a correggermi gli errori grammaticali nei commenti all'interno del codice;
  2. stravolgerà i testi del software: il vecchio “OK” cambierà in “Tesoro, se mi dai questa conferma, dopo, non ti potrai tirare indietro.” e l'onnipresente “Errore di sistema” verrà addolcito in un “Scusamiii, mi spiace tanto, non volevo proprio che succedesse!” e così via;
  3. Convocherà un meeting per imporre di cambiare il grigio topo della finestra del programma in un bianco stella lunare con aloni giallo capello d'angelo che va tanto di moda;
  4. e se dopotutto dovesse rivelarsi più brava di me... argh [Errore, questa riflessione non può essere eseguita].
Ebbene, queste sono le semplici e universali riflessioni maschili; potresti, invece, illuminarci su quali siano quelle della controparte femminile?

R: Decisamente, il primo pensiero è: “Devo dimostrare loro che valgo anche se sono una donna”.
Deriva, temo, da un pregiudizio assai diffuso secondo cui le donne non sarebbero – per una vera e propria disposizione biologica – altrettanto brillanti degli uomini nelle materie scientifiche.
Non starò a sottolineare il fatto che da decenni i neuroscienziati battibeccano sulla faccenda, che ogni studio che mostri dei risultati in tal senso non prende in considerazione dei fattori estremamente importanti come la socializzazione, l'educazione e il background culturale dei soggetti studiati.
Non intendo discuterne semplicemente perché credo che chiunque abbia voglia di ritenere le donne inferiori in un qualche ambito continuerà a farlo qualunque cosa io – o qualsiasi risultato scientifico – dica, mentre invito tutti gli altri a parlarne direttamente con Rita Levi Montalcini.

Altro pensiero problematico che la donna sola in un team di uomini si pone è: “Speriamo che non mi considerino una donna” anche noto come il famoso pensiero “Speriamo che nessuno di loro ci provi con me”.
So che questo può sembrare presuntuoso, ma in realtà il problema è serio: spesso capita che i geek maschi – i quali hanno notoriamente scarse opportunità di incontro con l'altro sesso – vedano l'ingresso di una donna nel loro habitat naturale come un segno di Dio e ritengano di dover unire l'utile al dilettevole cercando di rimorchiarla.
Tuttavia, non è detto che la donna in questione gradisca queste avances, specialmente dal momento che è schiacciata in un rapporto di 1:10001 e che quindi altri 999 maschi in piena trance romantico-sessuale potrebbero aver avuto la stessa geniale pensata.
Non solo, ma se la nostra impavida eroina desidera far parte di un gruppo di geek non sarà per diventare la fidanzata di uno di loro ma per far parte del gruppo e magari partecipare alle gare di rutti mentre compilano il kernel [ndr: in riferimento alle leggendarie attività dei geek maschi].
Tra l'altro, visto che la nostra eroina è un' impavida eroina , se vuole un fidanzato geek se lo andrà a prendere da sola: su questo potete contarci!



D: Consideriamo il caso opposto: se in un team di femmine geek dovesse introdursi un uomo, egli sicuramente vivrà con una slide cerebrale illuminata su questi quattro pensieri:
  1. mi appassionerò alle soap opere;
  2. in pausa caffè leggerò Donna Moderna;
  3. inizierò a odiare i peli sulle mie gambe;
  4. dovrò lavarmi periodicamente.
Madame, saresti in grado di svelarci quali recondite riflessioni farebbero, invece, i membri femminili del team?

R: Bè, in realtà una simile situazione è piuttosto inedita. Voglio dire che è dannatamente difficile che esista una tale superiorità numerica femminile da far sì che un maschio si trovi in un team di sole donne.
Aspetta: come team di sole donne valgono anche le personalità multiple di ciascuna donna geek?




D: Durante un'insonnia in una giornata uggiosa, ho letto il trattato “Encourage Women in Linux” di Valerie Aurora che tu hai abilmente tradotto. Ammetto di aver fatto fatica a leggerlo perché mi sembra una chilometrica lista della spesa di cosa deve fare l'uomo. Secondo te, quanti uomini lo hanno letto? Inoltre, ha senso scrivere un trattato per le donne che deve essere applicato dagli uomini? E per finire, non è più discriminante e difficile per una donna sapere che quando vuol far parte di un team sono gli altri che devono adeguarsi a lei?

R: Credo che tu parta dal presupposto sbagliato: in realtà quel documento non è stato scritto per le donne, quanto piuttosto per gli uomini e per tutti coloro che desiderano favorire la partecipazione delle donne al mondo del Free Software.
Mi sembra ragionevole ritenere che se il problema principale è l'assenza delle donne in una certa comunità, e quella specifica comunità desidera, al contrario, che le donne partecipino alle attività che le sono proprie, il comportamento da modificare sarà quello della comunità. Ovvero sarà necessario mettere a punto una serie di buone pratiche che favoriscano l'allargamento della comunità stessa.
Faccio un esempio semplicissimo, tratto proprio dal testo di Valerie Aurora:a una donna che chiedeva aiuto per un problema di natura tecnica su un software in una Mailing List è stato risposto che era una “femmina iper-stressata”.
Ebbene, è abbastanza probabile che qualunque donna di fronte ad una risposta del genere smetta di frequentare e partecipare attivamente ala Mailing List e magari inizi a pensare che forse l'informatica non fa davvero per lei.
In realtà i consigli elargiti nel testo di Valerie Aurora sono né più né meno consigli attinenti al buonsenso e alla buona educazione oltre che alle norme del vivere civile.

Personalmente, pur abitando in un paese ritenuto tradizionalmente maschilista come l'Italia, non ho avuto particolari difficoltà all'interno della comunità di utenti Debian che frequento (Debianizzati.org), come non ne ho avute all'interno dei team di traduttori – mi occupo principalmente di traduzioni per Debian e per ILDP – con cui collaboro: solo qualche utente con la battuta sessista facile – subito rimbeccato, tuttavia, dagli altri – e una manciata di marpioni che hanno cercato di unire l'utile al dilettevole tentando di rimorchiare una ragazza su un forum di geek.
Però non tutte hanno la risposta pronta e non tutte hanno voglia di mettersi in gioco.


Purtroppo è un dato di fatto che le donne che si interessano al mondo dei computer e dell'informatica sono assai meno rispetto alle controparti maschili, e questo è dovuto ovviamente a una serie di elementi complessi che interagiscono tra loro.
Ci sono quei pregiudizi di cui ho parlato poco sopra, secondo cui le donne non sono brillanti quanto gli uomini nelle materie scientifiche.
Questi pregiudizi, per quanto scientificamente infondati, influiscono a livello sociale imponendo un certo ruolo alle ragazze: difficile sentire una bambina delle elementari dire che da grande studierà informatica oppure ingegneria, molto più facile sentirla dire che sarà un'attrice o cantante o maestra o casalinga. Questo perché fin da quando si è bambini si viene in qualche modo convinti, anche a livello inconscio, sentendo i discorsi degli adulti, seguendo gli esempi di genitori e maestri di scuola, guardando la televisione, che certe professioni sono tipiche dei maschi ed altre delle femmine.
Ovviamente ciò si ripercuote sulle scelte che si fanno via via che si cresce. Anche perché, meno visibili sono i modelli positivi in certi ambiti e minore sarà la sensazione di “potercela fare” in quello stesso ambito lavorativo: per questo è essenziale che ci siano maggiori occasioni di incontro tra le donne che si interessano di informatica.
In quest'ottica, quindi, sono nati vari gruppi di donne appassionate di informatica che cercano di rappresentare un riferimento e un aiuto per le altre che si avvicinano per la prima volta a questo mondo. In particolare, ecco alcuni gruppi nati nell'ambito FLOSS (Free, Libre and Open Source Software): LinuxChix, Debian Women (le donne che contribuiscono allo sviluppo del Debian Project), WoMoz (le sviluppatrici della Mozilla Foundation), GeekFeminism, DrupalChix, GnomeWomen, KDEWomen, PHPWomen, women@apache, FedoraWomen, UbuntuWomen e FSF Women's Caucus.

Sempre per questo motivo mi piacerebbe fare il punto della situazione per quanto riguarda la presenza di donne attive nel Free Software in Italia, nell'ottica magari di organizzare un network o degli incontri.



Riguardo al tuo ultimo quesito (“Non è più discriminante per una donna sapere che quando vuol far parte di un team sono gli altri che devono adeguarsi a lei?”) vorrei chiarire una cosa: qui non si sta chiedendo agli uomini un trattamento di favore per le donne. Qui si sta chiedendo agli uomini, che l'hanno scordata o che non l'hanno mai imparata, semplicemente la buona educazione e le buone maniere.
Evitare di fare battute sgradevoli sugli altri non vale solo quando sono le donne ad essere bersaglio di tali battute (nel caso quindi delle battute sessiste), vale nei confronti di chiunque diventi un potenziale bersaglio: se in una stanza entrasse una persona senza una gamba ti metteresti a fare battute sugli zoppi? Non credo, se sei educato. È questione di sensibilità.
Se poi sei uno che è abituato a frequentare solo una tipologia di persone – quelle uguali a te in tutto e per tutto – e quindi non sai rapportarti alle altre, il documento di Valerie Aurora ti insegna norme di buona educazione per vivere civilmente con persone diverse da te, senza rischiare di offenderle.
Questo non è richiedere un trattamento speciale: questo è chiedere educazione; tutte le comunità si basano su compromessi che consentano la convivenza. Triste che ogni tanto quei compromessi, noti anche come norme del vivere civile, vadano ricordati.




D: Dopo aver arricchito l'umanità con lo shopping compulsivo, la french manicure, le gite all'IKEA la Domenica pomeriggio, le borsette di Hello Kitty, gli “Amici” di Maria De Filippi, le diete di ogni genere, nonché il continuo portar avanti la battaglia sociale per la tavoletta del water alzata, le donne hanno davvero bisogno di occuparsi anche di informatica? E soprattutto, l'informatica sopravviverà al fatto che le donne hanno deciso di occuparsene?

R: Ovviamente, credo che l'informatica – ma soprattutto il Free Software – ne abbia bisogno.
In primo luogo per questioni di carattere pratico: per motivi legati ai differenti ruoli sociali e familiari svolti, a causa di una differente socializzazione e tradizione di genere, le donne hanno sviluppato capacità comunicative e di problem solving differenti rispetto a quelle degli uomini: questo può rappresentare un apporto più che positivo in qualsiasi progetto e specialmente in quelli appartenenti al mondo Free Software, nei quali è essenziale la comunicazione e la riflessione prima ancora che l'azione vera e propria.
Ma soprattutto la presenza delle donne è essenziale – in particolare nel Free Software – perché nessun progetto di ampio respiro culturale e ideale può ritenersi davvero completo se accoglie in sé solo metà della popolazione, se non si sforza di essere universale nella pratica così come lo è nei presupposti.
Ad esempio, il Free Software promuove l'idea di nuove pratiche di condivisione e produzione del sapere: la figura femminile svolge, nella maggior parte delle società moderne, il ruolo fondamentale di veicolare comportamenti e valori e trasmetterli ai figli tramite l'educazione. Oltre quindi al contributo al progetto in sé, la donna in quanto madre e in quanto membro della società ha le capacità di poter trasmettere gli ideali legati alla condivisione della conoscenza nel mondo reale, oltre che in quello digitale.



D: Infine, per rispondere alla curiosità di tutti i lettori attratti dal titolo ambiguo, è vero che didietro a una donna Geek c'è sempre un uomo che glielo fissa?

R: Dipende dal didietro, il più delle volte. Ma data la scarsità di didietro femminili nell'universo geek... bè la risposta è sempre sì.



D: Non ho ascoltato tutto quello che hai detto ma è stato un vero piacere stare a guardarti. Grazie MadameZou.


R: Grazie a te, More+.
Ehm, More+? Ora però smettila di guardarmi le tette eh?





Maggiori informazioni


Comunità di donne nel mondo di Linux: http://www.linuxchix.org/

Il sito di Debian Women: http://women.debian.org/home/

Testo originale del documento “Encourage Women in Linux” di Valerie Aurora

Ottimo blog su donne e computer: http://geekfeminism.org/




Note:

- La foto in apertura illustra due tipiche donne Geek ;-)

1 nota di MadameZou: ok, sto enfatizzando il rapporto donne: uomini in informatica, le proporzioni reali – in ambito lavorativo e non nell'ambito dell'utenza – sono del 28% di donne tra gli sviluppatori nel software proprietario e solo l'1,5% nell software Open Source e Free. (fonte: FLOSSPOLS, 2004-2006, Ghosh et al) Ovviamente rimane aperta la questione per quanto riguarda il rapporto di genere nell'ambito dell'utenza, in particolare tra i cosiddetti “power user” cioè gli utenti esperti e di grado e conoscenze avanzate.
 

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